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Data da ricordare l’8 marzo di quest’anno. L’Unione Europea (comunicazione Commissione Europea 97 final) ha elaborato il “Piano d’azione per finanziare la crescita sostenibile”, che mira a sensibilizzare in primis l’industria del risparmio sul mutamento climatico e sugli effetti deleteri che ciò genera (e genererà), infine, sulla qualità della vita. Al punto 8 del predetto Piano vengono definiti i diversi passaggi che necessitano alle banche per consentir loro di concedere finanziamenti sostenibili. Sempre tenendo conto della generazione di valore nel lungo periodo, si cerca ora, in modo regolamentato, di attingere alle risorse al punto di non vanificare che le stesse producano utilità nel tempo.

L’impronta fornita fa emergere due aspetti, il primo, etico, determina che le future generazioni non potranno non tenere conto di quanto sopra scritto. Il secondo preoccupa non poco gli investitori attuali, esiste la possibilità concreta che scelte di investimento orientate in tal maniera ottengano rendimenti attesi inferiori rispetto a tutti gli altri.

L’Europa (ed i suoi cittadini) cerca di distinguersi dalle altre aree del mondo; pure in Italia questa scelta non è una novità, anche se al momento attuale solo l’1% del totale dei fondi comuni corrisponde ai criteri ESG (Enviromental, Social e Governance). Ed il processo, iniziato fattivamente nel 2015 con l’Agenda 2030 (firmatari 193 Paesi membri ONU), sancito ufficialmente nell’accordo sul clima a Parigi da parte di 177 Paesi (il c.d. COP 21 che prevede precisi obiettivi per ridurre i gas serra prodotti dalle attività umane), ha portato (e sta portando ancora) alla redazione di un piano d’azione, il “Financing Sustainable Growth”, che traccia le linee di sviluppo e definisce gli interventi normativi per indirizzare l’intero sistema economico-finanziario verso la sostenibilità.

Questo comporta un’evoluzione del rapporto tra industria del risparmio, intermediari finanziari ed investitori, per obblighi di trasparenza, per integrare la valutazione di sostenibilità nel rischio da assumere da parte dei gestori e sulla disciplina che regola gli indici di sostenibilità e quelli a basse emissioni di carbonio.

Tutto ciò andrà (in verità dovrebbe essere già realtà dal 1 gennaio u.s.) ad impattare nell’insieme degli elementi per valutare la rischiosità di un investimento.

Attività economiche e politica ambientale

In sintesi, definire una tassonomia, ovvero stilare una graduatoria delle attività economiche che contribuiscono positivamente all’ambiente. Poi l’obbligo da parte di tutti gli operatori del mondo finanziario, di tenere conto ed informare l’investitore dei fattori di sostenibilità nelle decisioni sulla strategia di investimento. Infine, adottare un parametro di riferimento, col quale un investitore può valutare l’impatto ambientale del suo Portafoglio.

I contenuti dell’ultimo paragrafo dovrebbero essere approvati dall’Europa entro 18 mesi da oggi. Quindi l’obbligo fiduciario, cioè di agire nel miglior interesse del cliente, si arricchisce anche di questi importanti principi di tutela.

Questo però imporrà l’obbligo per gli intermediari di acquisire dagli investitori gli obiettivi non finanziari degli stessi (tipo le preferenze ambientali ecc.), i quali dovranno poi spiegare come le preferenze espresse dagli investitori si attaglino sui prodotti consigliati.

Una delle conseguenze sarà l’aumento dei costi per tutti, dalle aziende oggetto di acquisto sui diversi mercati (azioni, obbligazioni, ecc.), agli intermediari del mondo finanziario (nuovi costi anche per chiedere la certificazione alle società specializzate in questo ambito, ma anche per la gestione del rischio di compliance, agli investitori finali che dovranno condividere, anche se parzialmente, detti costi).

Al lettore, a questo punto, sorge una considerazione spontanea, più costi e meno rendimenti. In verità, secondo uno studio di Morningstar a livello mondiale, i risultati finanziari – seguendo i criteri ESG – sono migliori per quasi la metà di tutti i prodotti, uniformandosi a tutti gli altri investimenti per il restante 50%.

L’investitore

Per tentare di far capire che tutto ciò comporta e comporterà un vantaggio, per tutti intendo, quindi anche per l’investitore, userò di seguito situazioni, diverse tra loro, per far capire come non sia semplice far passare i concetti su espressi, poiché in Italia, sino ad oggi, non si è mai investito affinché gli italiani acquisissero cultura finanziaria.

Ho, tra i miei clienti, persone che lavorano in campi del sapere nei quali scienza e statistica sono dogmi. Con qualcuno di loro condivido situazioni analoghe, che interessano diversi clienti, i quali preferiscono fidarsi dei suggerimenti del cugino, dell’amico di famiglia, della vicina di casa “…tuttologa…(!)….”, invece dell’analisi del medico, del progetto di un architetto, di un geometra, di un ingegnere.

Tutto questo si identifica con il mancato utilizzo della razionalità. D’altronde ben 2 premi Nobel per l’Economia (2002 Kahneman, 2017 Thaler) ci hanno spiegato che l’essere umano “razionale per natura” non può esserci, in quanto coinvolto nel suo intimo dalle emozioni. E se l’investitore col quale ci confrontiamo vive un suo periodo denso di emozioni, il risultato è che spesso interagiamo con investitori che non credono ai numeri perché sono pervasi da sentimenti spesso poco razionali.

Un progetto elaborato da un mio cliente geometra, per l’abbattimento di un vecchio immobile e la ricostruzione con allargamento e creazione di bivilla, ha determinato una parcella importante, nell’ordine di alcune decine di migliaia di euro. Si tratta di elaborare un progetto di vita di alcune persone, che, ovviamente, definiscono in tal modo una base stabile per i loro interessi personali. I gusti personali si sono spesso incrociati con le limitazioni poste dalla Legge, pur tuttavia – dopo una verifica sulla possibilità e sul fatto di concedere fiducia al professionista prescelto – si è dato il via. Peraltro in corso d’opera sono state apportate delle varianti al piano originario, questo perché sono cambiate – senza preavviso alcuno – alcune normative locali, regionali ecc., impedendo di fatto alcune situazioni auspicate. Il professionista, in ogni caso, ha sempre assistito i suoi clienti, elaborando di volta in volta situazioni diverse e cercando di immedesimarsi nei clienti stessi, per cercare di raggiungere l’obiettivo o gli obiettivi auspicati. Il progetto è tuttora in corso ed i clienti stanno regolarmente corrispondendo al professionista l’onorario emerso da progetto. Comunque la realtà supera la fantasia spesso e volentieri, i progetti iniziali cambiano per fattori endogeni (cambio obiettivi del cliente) od esogeni (nella fattispecie, le normative di riferimento).

Progetti di vita, che si confrontano con cambi di normative… è ciò che sta accadendo oggi e che coinvolge il sottoscritto e migliaia di consulenti finanziari di banche e reti: la normativa MIFID 2. Cambia anche la modalità di rendicontazione dei costi della consulenza. Non più solo in percentuale, anche in valore assoluto (ad esempio su 100.000 € la commissione del 2%, riconosciuta nel complesso a tutti gli attori intervenuti, cioè intermediario, consulente finanziario, casa di investimento o società assicurativa, corrisponde ad € 2.000 in totale). Praticamente in ogni progetto vi sono state delle modifiche da apportare, talvolta per cambio voluto dal cliente, spesso per modifiche delle normative di riferimento, che hanno via via complicato il lavoro sia del consulente di riferimento che degli intermediari, i quali predispongono i prodotti che servono al raggiungimento degli scopi. Ed in analogia al geometra dell’esempio già menzionato, anche il professionista della consulenza lavora per adattare, o riadattare, il progetto iniziale, tenendo conto delle novità regolamentari. In questo, anche i principi etici, già citati all’inizio, concorrono a formare il costo complessivo. L’investitore trova nel consulente la persona che si immedesima in lui e che, forte delle sue conoscenze, indirizza gli investimenti verso la direzione auspicata. E’ sempre la fiducia che fa  superare le normali divergenze e/o perplessità che possono sorgere nell’investitore, quando accadono fatti esogeni (ad esempio i diversi cicli di mercato).

Dall’inizio di questo 2018 è stato introdotto un costo di 1 centesimo di euro per ogni sacchetto utilizzato al supermercato dai clienti per imbustare frutta e verdura. Se analizziamo bene, è stato solo diviso l’effettivo costo da quello della merce, mentre fino all’anno scorso il costo era ricompreso in totale sullo specifico tipo di frutta e/o verdura. Dopo alcune polemiche e l’iniziale diffidenza, adesso, a distanza di alcuni mesi, tutto è tornato come prima, ci si approvvigiona della frutta e verdura come l’anno scorso.

Tutto quanto sopra descritto serve a far capire al lettore che la cosa fondamentale che ciascuna persona DEVE considerare, nell’incaricare qualche professionista ad eseguire un lavoro del quale necessita, che è doveroso verificare l’esecuzione del lavoro, che è altrettanto corretto riporre la giusta fiducia sulla persona.

Il tempo è galantuomo, i progetti di vita verranno portati avanti.

Ringrazio per l’attenzione!

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