Costituiscono una finalità di investimento per costruire nel tempo (o per raggiungere) un capitale.
Soddisfano le esigenze finanziarie di una platea vastissima di investitori, da un minimo apporto iniziale di 100 euro.
Necessitano di tempo (di investimento) ed impegno (sia finanziario che metodologico). L’essere pragmatici però non sempre può garantire la certezza di raggiungere nel tempo l’obiettivo (o gli obiettivi) prefissato/i. Dipende dalla personale propensione al rischio e da quanto l’investimento abbia la possibilità di essere modulato nel tempo, cioè possa variare la composizione degli attivi anche in maniera significativa.
Ho parlato di tempo, nel senso che gli investimenti vanno effettuati a scadenze regolari (possono essere mensili, bimestrali, trimestrali, semestrali ecc.) e per un periodo stabilito a priori, oltre che di impegno finanziario, poiché le somme possono essere investite in cifre costanti o crescenti (queste ultime sono adattabili ai piani di versamento finanziario/assicurativo). Il metodo adottato consiste nello scegliere, a seconda dell’obiettivo temporale stabilito/desiderato, attività finanziarie che soddisfino i requisiti sia del proprio profilo di rischio che degli obiettivi stessi che si intendono perseguire, valutando la cifra anche in funzione del proprio Patrimonio e soprattutto della disponibilità periodica stabilita per l’investimento stesso.
Gli investimenti periodici programmati si attivano per soddisfare svariate esigenze personali, si va da un semplice accumulo di capitale, al raggiungimento di una somma per cambiare l’autovettura, a definire un importo da destinare come aiuto ai figli per gli studi universitari, a costituire un capitale da destinare in rendita, finanziaria o assicurativa, ma anche (questo per capitali ingenti) per investire nei mercati a seguito di andamenti estremamente volatili, incerti. Eccetera.
Manca qualcosa? Certamente! Dove allochiamo i soldi?
Qui entra in gioco la variabile più importante, cioè l’allocazione specifica del denaro su una attività (o mercato, oppure pluralità di mercati, settori ecc.), alla quale bisogna aggiungerne un’altra non meno determinante, le spese che si sosterranno (iniziali, periodiche, eventuali di riscatto), senza contare che, se si saranno fatte le cose per bene ed ottenuti risultati positivi, si applicherà la tassazione dei rendimenti e/o dei guadagni in conto capitale.
La modalità di investimento segue quella utilizzata fin dagli anni ’50 negli Stati Uniti, diversificare per ripartire i rischi. Ecco perché un investimento di questo tipo non è consigliabile effettuarlo verso un unico titolo. Molto meglio investire in fondi comuni di investimento, in Exchange Traded Funds (ETF).
In questo modo si sterilizza la volatilità insita nello strumento finanziario prescelto, quindi un investitore non deve mai preoccuparsi del momento di entrata, in quanto i momenti saranno diversi e contribuiranno in diverse fasi del mercato, sia rialziste che ribassiste. Inoltre, la costanza dei versamenti, eviterà l’assunzione di decisioni, quali la vendita parziale o totale, frutto di situazioni emotive, che possono solo arrecare danni ingenti ai propri investimenti.
E’ quindi determinante (scusate l’insistenza ed…. il conflitto di interessi…) contare sull’aiuto di un Consulente Finanziario, il quale avrà cura di predisporre un iniziale basket di investimenti, avendo poi l’accortezza di effettuare periodicamente una manutenzione degli stessi. Così si terrà sotto controllo l’oscillazione totale dell’investimento, potendo governare il rendimento sino ad allora ottenuto.
Ho citato i costi, vi sono costi amministrativi e costi legati al sistema (costi di sottoscrizione e costi di gestione). I costi amministrativi (ricorrenti) possono variare da 0,5 € a 3 €. Se l’investimento è sostanzioso, questi incideranno poco o niente, viceversa se si parte da una cifra minima (ad esempio 100 euro), già i costi ricorrenti possono incidere in modo significativo e deprimere decisamente le performance, mortificando impegno personale e dell’eventuale Consulente Finanziario. I costi di sottoscrizione servono poi a remunerare la banca, la società di gestione (qualora si investa in fondi comuni di investimento o ETF), il Consulente Finanziario. Possono essere applicati ad ogni versamento, oppure trattenuti nel primo anno di investimento e possono variare da uno 0.5% a…. ad un 3%….
Facciamo due conti, se io verso 100 euro, subisco spese amministrative per 2 euro, oltre a costi di sottoscrizione del 3%, investirò 95. Solo per recuperare il mio capitale iniziale devo sperare che i soldi investiti rendano …. Più del 5% annuo minimo …. Senza contare che se i costi vengono applicati – per intero – già nella prima annualità, beh… lascio a voi calcolo e commento… Bisogna tenere inoltre presente che la semplice detenzione di un’attività finanziaria, tipo fondi comuni di investimento o ETF, porta a pagare (indirettamente, dal momento che viene trattenuta alla fonte) una commissione di gestione (si va da uno 0,30% ad un massimo del 1,50% annuo, la commissione viene però trattenuta giornalmente).
Ecco perché, questo tipo di strumento finanziario, per poterlo far rendere nel migliore modo possibile (e valido un po’ per tutte le tasche…), necessita che sia seguito anche e soprattutto da un professionista della Consulenza.